Scrolliamo, reagiamo, condividiamo. Ma partecipiamo davvero?
Nell’epoca in cui l’informazione arriva in formato “storia” e la politica si consuma tra reel, tweet, e più o meno lucide comparsate televisive, i giovani sembrano sempre più spettatori disillusi del dibattito pubblico. La distanza crescente tra le nuove generazioni e le istituzioni democratiche non è solo una questione di disinteresse, ma il riflesso di una crisi più profonda: mancanza di rappresentanza, istruzione democratica e civica insufficiente e un ecosistema informativo dominato dai social media, dove la verità si confonde con l’algoritmo. È in questo contesto che nasce l’idea di una collaborazione tra GenTO e Liberamente, il giornale scolastico del Liceo Galileo Ferraris di Torino, con l’obiettivo di approfondire il fenomeno della sempre crescente disaffezione giovanile nei confronti della politica.
Recentemente, infatti, GenTO e Liberamente hanno diffuso un sondaggio tra gli studenti universitari e liceali di Torino. L’indagine, seppure dal valore puramente indicativo, ha coinvolto oltre 150 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 15 e i 25 anni, permettendo di avere una fotografia significativa di come i giovani torinesi si informano, di come percepiscono la politica e di cosa li tiene lontani dalla partecipazione attiva, per poi sviluppare una riflessione più ampia sul tema.
Il questionario ha esplorato innanzitutto le fonti di informazione più utilizzate dagli studenti e la percepita affidabilità delle stesse, per poi allargare lo sguardo su altri aspetti fondamentali: l’efficacia dell’insegnamento dell’educazione civica a scuola, l’attenzione che la politica riserva alle questioni giovanili, il grado di rappresentanza delle nuove generazioni nelle istituzioni e, infine, il livello effettivo di partecipazione politica dei giovani.
Il ruolo dell’informazione politica e i limiti dei social media nella partecipazione giovanile
Dai risultati del sondaggio emerge che il 53% degli intervistati dichiara di informarsi “mediamente” sulla politica, attribuendo un punteggio pari a 3 su una scala da 1 a 5. I social network – in particolare Instagram – si confermano il principale strumento di informazione per i nostri intervistati, fenomeno che trova riscontro anche nei dati Ipsos (2023), secondo cui il 76% degli italiani si informa abitualmente attraverso i social, con percentuali ancora più alte tra i più giovani. In particolare, la Generazione Z predilige Instagram (42%), seguito da siti o app di informazione (38%) e YouTube (33%), riflettendo una naturale inclinazione all’uso delle tecnologie digitali. Tuttavia, è proprio qui che si annidano le maggiori criticità: queste piattaforme, pur rapide e accessibili, sono spesso terreno fertile per la disinformazione, a causa della mancanza di filtri editoriali, della viralità dei contenuti e dell’indebolimento dei sistemi di verifica. La rete, come sottolinea Antonella Vicini (Pearson, 2023), è una realtà bifronte: da un lato offre a chiunque voce e visibilità, dall’altro cancella ogni forma di mediazione, lasciando che la credibilità sia determinata più dal carisma e dalla popolarità che dalla competenza o dall’attendibilità delle fonti. È il regno della disintermediazione, dove chiunque può costruire una narrazione e renderla virale, indipendentemente dalla sua veridicità.
Questa fragilità informativa è stata aggravata dalla scelta dei principali colossi del tech di allentare i controlli sui contenuti. Elon Musk, con l’acquisizione di X (ex Twitter), ha smantellato i sistemi di moderazione, ridotto il personale addetto al fact-checking e promosso un’idea estrema di libertà d’espressione, che ha aperto la strada a contenuti falsi e polarizzanti. Allo stesso modo, Meta ha recentemente modificato le sue politiche in tema di verifica dei contenuti: secondo quanto riportato da Il Post (2025), Facebook e Instagram mostreranno meno avvisi di disinformazione e limiteranno il coinvolgimento dei fact-checker indipendenti, rendendo ancora più difficile distinguere tra verità e falsità. L’effetto è quello di un mondo dell’informazione sempre più caotico, dove l’emotività e l’ideologia prevalgono sull’analisi critica.
Le conseguenze possono essere estremamente gravi: emblematico è il caso dell’ora destituito Presidente della Corea del Sud, radicalizzatosi proprio attraverso contenuti estremisti su YouTube prima di tentare un colpo di stato militare (Il Post, 2025; Corriere della Sera, 2025). Questo episodio dimostra come l’assenza di filtri e la promozione algoritmica di contenuti anche estremi possano avere effetti non solo sulla percezione della realtà, ma anche sulla stabilità delle istituzioni democratiche.
In questo scenario, piattaforme come Instagram, TikTok e X si rivelano inadeguate a garantire un’informazione politica affidabile e approfondita, poiché dominate da contenuti frammentari, che tendono a far leva sulle emozioni e che vedono il mescolarsi di contenuti inerenti l’informazione politica con contenuti legati alla sfera più prettamente personale, relative a contatti digitali con amici, affetti e famiglia. Di fronte a una tale crisi della credibilità informativa, si rende sempre più urgente il recupero della consapevolezza che le fonti giornalistiche tradizionali, sia cartacee sia digitali, – grazie a standard deontologici e processi di verifica – restano gli strumenti più efficaci per una comprensione completa e consapevole della realtà politica. È confortante, in tal senso, il dato rilevato da Ipsos, secondo il quale gli appartenenti alla Gen Z sono consapevoli della potenziale inaffidabilità delle informazioni rinvenute sui social, mentre percepiscono come veramente affidabili solo i siti o le app di news e informazioni, e, seppur in misura minore, YouTube.
Bisogna ribadire, infatti, che solo attraverso una fruizione critica e ragionata dell’informazione si possono avere gli strumenti fondamentali per partecipare in modo costruttivo al dibattito democratico.
Astensionismo: sbilanciamento demografico e scarsa rappresentanza giovanile
I giovani partecipano sempre meno alla vita politica, una questione che diventa sempre più rilevante in Italia e in Europa. Secondo una rilevazione de La Stampa (2022), alle elezioni politiche del 2022 oltre un giovane su tre tra i 18 e i 24 anni ha scelto di non votare, un dato che riflette l’astensionismo generale, arrivato al 36,09%. Un dato ben più allarmate riguarda le elezioni europee del 2024 dove l’affluenza, anche giovanile, è stata inferiore al 50%. Le cause di questo fenomeno sono molteplici: uno sbilanciamento demografico che penalizza i giovani, una scarsa rappresentanza politica dei giovani nelle istituzioni e un sistema educativo che fatica a fornire una solida formazione di base ai principi democratici e al funzionamento dello Stato, la cosiddetta educazione civica.
L’Italia è il Paese con la popolazione più anziana dell’Unione Europea, con un’età media di 48,7 anni e un rapporto di 193,1 anziani ogni 100 giovani (La Repubblica, 2025; Il Sole 24 Ore, 2022). Questo squilibrio influenza direttamente le priorità dell’agenda politica nazionale, favorendo misure rivolte agli anziani, come l’aumento delle pensioni, a scapito di investimenti strutturali per i giovani, in settori quali scuola, università e ricerca, ma anche con politiche volte alla qualità del lavoro, alla casa e alla famiglia.
A ciò si aggiunge una rappresentanza giovanile quasi inesistente nelle istituzioni. Alle elezioni politiche del 2022, solo il 15% dei candidati aveva meno di 40 anni e meno del 3% era under 30. Conseguentemente alle elezioni, in Parlamento l’età media è di 51,2 anni e tra i 400 deputati solo 65 hanno meno di 40 anni, con nessun under 30 tra i banchi di Montecitorio (Il Sole 24 Ore, 2022).
A questi dati oggettivi, possiamo unire le percezioni della popolazione universitaria e liceale intervistata dal nostro sondaggio. Alla domanda “La politica ha a cuore i temi dei giovani?”, in una scala da 1 (molto poco) a 5 (molto) nessuno ha dato il massimo, solo il 4,9% ha assegnato il voto 4, mentre il 69,8% ha espresso un’opinione negativa rispondendo 1 o 2. Dati pressoché identici risultano dalla domanda “Ti senti rappresentato dalla politica?”. Tali sensazioni trovano conferma anche in un rapporto del CNG (Consiglio Nazionale Giovani) che, in vista delle europee del 2024, ha riscontrato che solo l’8% dei giovani si ritiene molto soddisfatto dal dibattito politico sulle europee, mentre solo 4 giovani su 10 reputano che il dibattito politico stia affrontando più o meno adeguatamente le criticità e le esigenze che li riguardano.
In un quadro in cui i giovani non sono una priorità nell’agenda politica e sono scarsamente rappresentati all’interno delle istituzioni, il 92% degli intervistati nel sondaggio diffuso da GenTO e Liberamente, ha dichiarato di non partecipare ad alcuna attività partitica o politico-associativa, segnalando un diffuso senso di sfiducia non soltanto nelle istituzioni, ma soprattutto nella partecipazione democratica attiva, nella politica costruita dal basso come metodo efficace per promuovere il cambiamento.
Consapevole della difficoltà per i giovani di accedere alle istituzioni, Generazione Torino, nel solco della propria missione formativa e informativa, ha cercato di giocare un ruolo per promuovere la partecipazione al voto e i candidati giovani in occasione delle elezioni europee e delle regionali piemontesi del 2024. Dopo aver fornito un’analisi chiara e accessibile delle dinamiche tecniche e procedurali del voto, nonché delle principali proposte programmatiche delle forze politiche in campo, sia per le elezioni europee che per quelle regionali piemontesi, GenTo ha scelto di impegnarsi attivamente nella valorizzazione di una nuova generazione politica. Da questa esigenza è nato un evento che ha visto protagonisti nove giovani candidati under 35 – quattro alle europee e cinque alle regionali – invitati al Politecnico di Torino per confrontarsi con altri giovani e raccontare in prima persona le ragioni della loro scelta. L’obiettivo era duplice: da un lato, restituire centralità alla voce dei giovani all’interno del dibattito pubblico; dall’altro, contrastare la disillusione diffusa verso la politica e le istituzioni, offrendo esempi concreti di cittadinanza attiva. Il dibattito con i candidati ha rappresentato un vivace momento di confronto, volto a riscoprire il valore dell’impegno politico come strumento di trasformazione sociale.
Il ruolo della scuola: l’educazione civica
L’educazione civica è tornata ufficialmente tra i banchi di scuola grazie alla Legge 20 agosto 2019, n. 92 e alle Linee guida del Decreto Ministeriale n. 35 del 22 giugno 2020, che ne rendono obbligatoria l’erogazione con un minimo di 33 ore annue (Ministero dell’Istruzione e del Merito, 2020). Il ritorno di questa disciplina rappresenta un passo importante per riportare l’attenzione sulle competenze civiche e democratiche all’interno del percorso scolastico. Tuttavia, se da un lato l’intervento normativo ha segnato un punto di svolta, dall’altro le modalità con cui l’educazione civica viene attualmente insegnata sollevano non poche perplessità.
Secondo il modello ministeriale, infatti, ogni docente dovrebbe integrare aspetti di educazione civica all’interno della propria disciplina, dedicandovi un determinato numero di ore, così da generare un approccio trasversale e interdisciplinare. In teoria, dunque, la matematica, la letteratura, le scienze e persino l’educazione fisica dovrebbero contribuire a costruire un quadro ampio e articolato di cittadinanza attiva. In pratica, però, questa impostazione si traduce spesso in un’applicazione disomogenea, affidata alla discrezionalità dei singoli insegnanti. Ne risulta un voto finale in pagella che, pur essendo specifico per l’educazione civica, è frutto di valutazioni frammentarie e spesso marginali.
Date queste premesse, non sorprende quindi che, secondo i dati del nostro sondaggio, ben il 44,64% degli studenti ritenga che la scuola fornisca strumenti insufficienti per comprendere la politica (valutazione 1 o 2, su una scala 1 a 5), mentre solo il 16,6% ha attribuito il punteggio massimo. Peraltro, è importante sottolineare che la domanda si riferiva più in generale alla preparazione fornita dalla scuola dell’obbligo in ambito politico, non solo all’insegnamento dell’educazione civica.
Alla luce di questi risultati, appare evidente quanto sia urgente rivedere e potenziare le modalità di insegnamento della materia: solo attraverso un’educazione civica ben strutturata e realmente coinvolgente sarà possibile fornire ai giovani gli strumenti necessari per partecipare consapevolmente alla vita pubblica e rafforzare il tessuto democratico del nostro Paese.
Possibili soluzioni per incentivare la partecipazione politica dei giovani
- Riforma dell’educazione civica
Un potenziamento dell’educazione civica nelle scuole, come disciplina a sé con più ore dedicate e docenti specializzati, ad esempio in materie giuridiche, potrebbe fornire strumenti concreti per comprendere meglio le istituzioni democratiche e il loro funzionamento, nonché una maggiore abilità critica nel discernere le informazioni attendibili dalle fake news o da notizie comunque manipolate.
- Estensione dell’elettorato attivo ai 16enni: alcuni esponenti politici hanno suggerito di abbassare l’età per votare, almeno per la Camera dei Deputati (Il Post, 2021), in modo da controbilanciare l’invecchiamento demografico. Tuttavia, l’impatto rimarrebbe comunque limitato a causa dell’ampia maggioranza della popolazione anziana. Secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2024 la popolazione italiana conta circa 58.990.000 persone, di cui il 24,3% ha 65 anni o più, corrispondenti a circa 14.332.000 individui. Al contrario, la fascia di età tra i 15 e i 30 anni è stimata intorno ai 10 milioni di persone. Inoltre, secondo l’ISTAT, al 1° gennaio 2023 la popolazione residente nella fascia 15-19 anni era di 2.857.013 individui (1.476.815 maschi e 1.380.198 femmine). Stimando la fascia 16-18 anni come tre quinti di questa popolazione, il numero di giovani in età potenzialmente votante sarebbe di circa 1.714.000 individui. Questo squilibrio demografico dimostra come il peso elettorale delle nuove generazioni resti marginale rispetto a quello degli elettori più anziani, rendendo comunque più complessa l’inclusione dei giovani nel dibattito politico e alla cima dell’agenda politica.
- Facilitazione del voto fuorisede
Le nuove disposizioni introdotte nel 2024 (Decreto-Legge 29 gennaio 2024, n. 7, convertito con modifiche nella Legge 25 marzo 2024, n. 38) hanno rappresentato una svolta importante nel diritto di voto dei fuorisede, consentendo per la prima volta agli studenti universitari di votare in un comune diverso da quello di residenza, seppur limitatamente alle elezioni europee. Un primo passo, dunque, verso un modello di partecipazione più inclusivo e adatto alla mobilità contemporanea.
Con la tornata referendaria dell’8-9 giugno 2025 (Decreto-Legge 19 marzo 2025, n. 27), il diritto di voto fuori sede è stato ulteriormente ampliato: potranno votare nella provincia di domicilio (se diversa da quella di residenza) anche gli elettori che, non solo per motivi di studio, ma anche per lavoro o cure mediche, si trovino temporaneamente lontani dal proprio luogo di residenza per un periodo di almeno tre mesi comprendente la data delle consultazioni. In questi casi, sarà possibile votare direttamente nel comune di domicilio o presso un apposito seggio speciale istituito nel capoluogo, previa richiesta all’ufficio elettorale del comune di residenza.
Nonostante questi segnali di apertura, il quadro normativo resta ancora incompleto e frammentario. Le novità del 2024, infatti, non si sono applicate alle elezioni regionali in Piemonte né alle numerose elezioni comunali che si sono svolte in concomitanza con le europee. Allo stesso modo, nel 2025, il voto fuori sede sarà garantito soltanto per i referendum, ma non per le comunali previste negli stessi giorni. Un progresso, sì, ma ancora lontano da una piena garanzia del diritto di voto per tutti i cittadini che si trovano lontani dal loro luogo di residenza, molto spesso giovani universitari o lavoratori provenienti dal Sud Italia.
Rendere possibile il protagonismo giovanile: una sfida collettiva
Alla luce di quanto emerso, è evidente che la scarsa partecipazione politica dei giovani non è il risultato di semplice disinteresse, ma il sintomo di un sistema che ha progressivamente smesso di investire sulle nuove generazioni: nella rappresentanza, nell’educazione alla cittadinanza e nella costruzione di un contesto informativo affidabile, oggi sempre più confuso e polarizzato.
Eppure, questo scenario non è irreversibile. L’esperienza di Generazione Torino dimostra che, attraverso iniziative mirate e spazi autentici di confronto, è possibile riaccendere la scintilla dell’impegno, restituendo fiducia nelle istituzioni e mostrando percorsi concreti di cambiamento. Le proposte ci sono: riformare l’educazione civica, garantire il diritto di voto ai fuorisede, promuovere una reale rappresentanza giovanile.
A queste misure, però, devono affiancarsi politiche strutturali di lungo periodo, capaci di intervenire su ciò che più incide sulla vita dei giovani: scuola, università, ricerca, lavoro, casa, famiglia. Finché le nuove generazioni continueranno a percepirsi ai margini delle priorità pubbliche, ogni appello alla partecipazione rischierà di restare inascoltato: ne è prova l’esodo costante di migliaia di giovani, laureati e non solo, che ogni anno lasciano il Paese alla ricerca di migliori opportunità lavorative, soprattutto per motivi salariali.
È questo, allora, il momento per tutti – studenti, docenti, associazioni, media, istituzioni – di interrogarsi su come rendere la partecipazione democratica più accessibile, autentica e inclusiva. Non si tratta di una sfida riservata a pochi attivisti, ma di una questione che riguarda la tenuta stessa della nostra democrazia, in un’epoca di crescente complessità e incertezza nella quale sarà sempre più necessario recuperare una coscienza collettiva di comunità.
E allora, perché non cominciare da subito, con piccoli gesti quotidiani? Informarsi in modo critico, confrontarsi con consapevolezza, partecipare anche solo a un evento o a un dibattito: è da qui che può nascere un nuovo protagonismo giovanile.
Bibliografia e sitografia:
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- CNG, Comunicato Stampa (2024) Europee 2024, al voto il 47% dei giovani rispetto al 43% degli over 54. Solo l’8% degli under 35 si ritiene molto soddisfatto del dibattito. [Online] Disponibile su: https://consiglionazionalegiovani.it/comunicati-stampa/europee-2024-al-voto-il-47-dei-giovani-rispetto-al-43-degli-over-54-solo-l8-degli-under-35-si-ritiene-molto-soddisfatto-del-dibattito/ [Consultato il 6 aprile 2025]
- Corriere della Sera (2025) Il web non è un paese per vecchi: il caso del presidente coreano Yoon, vittima delle fake news online. [Online] 23 gennaio. Disponibile su: https://www.corriere.it/tecnologia/25_gennaio_23/il-web-non-e-un-paese-per-vecchi-il-caso-del-presidente-coreano-yoon-vittima-delle-fake-news-online-b3dc5e5b-3315-40f0-9c74-c5f0c8a6dxlk.shtml [Consultato il 6 aprile 2025].].
- Il Post (2021) Il diritto di voto andrebbe esteso ai 16enni? [Online] 16 marzo. Disponibile su: https://www.ilpost.it/2021/03/16/diritto-voto-16-anni/ [Consultato il 6 aprile 2025].]
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- Il Post (2025b) Il presidente della Corea del Sud sembrerebbe essersi radicalizzato su YouTube. [Online] 7 gennaio. Disponibile su: https://www.ilpost.it/2025/01/07/corea-del-sud-youtuber-estrema-destra/ [Consultato il 6 aprile 2025].].
- Il Sole 24 Ore (2022) L’identikit del nuovo Parlamento: l’età media degli eletti è di 51 anni, solo uno su tre è donna [Online] 3 novembre. Disponibile su: https://www.ilsole24ore.com/art/l-identikit-nuovo-parlamento-l-eta-media-eletti-e-51-anni-solo-su-tre-e-donna-AE42QfDC
- Ipsos (2023) 30 Giugno, Social Media Day: l’impatto dei social media sull’informazione in Italia. [Online] Disponibile su: https://www.ipsos.com/it-it/30-giugno-social-media-day-impatto-social-media-linformazione-italia [Consultato il 6 aprile 2025].
- ISTAT, Noi Italia 2024 (2024)
- La Stampa (2022) Giovani e astenuti, più di uno su tre non vota [Online] 23 settembre. Disponibile su: https://www.lastampa.it/speciale/politica/elezioni-politiche-2022/2022/09/23/news/giovani_e_astenuti_piu_di_uno_su_tre_non_vota-9327737/ [Consultato il 6 aprile 2025]
- Ministero dell’Interno (2025) Referendum 2025 ed elettori fuori sede: modalità di voto nel comune di temporaneo domicilio [Online] Disponibile su: https://www.interno.gov.it/it/notizie/referendum-2025-ed-elettori-fuori-sede-modalita-voto-nel-comune-temporaneo-domicilio [consultato il 6 aprile 2025]
- Ministero dell’Istruzione e del Merito (2020) Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, Decreto Ministeriale n. 35.
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